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Kjaer: “Orgoglioso di essere arrivato fin qua, Milano casa mia!”

Simon Kjaer
Simon Kjaer ha voluto salutare i tifosi del Milan prima di lasciare il club rossonero, cosa che avverrà al termine della stagione
Giulia Benedetti Redattore 

Simon Kjaer a fine stagione dirà addio al Milan. Il difensore danese ha deciso di lasciare il club rossonero e ha voluto comunicarlo a tutti i tifosi rilasciando un’intervista ai microfoni di Milan TV.Sull’essere l’ultimo veterano: "La qualità non basta. Per migliorare e per far crescere la squadra bisogna saper soffrire e avere la giusta mentalità per lavorare e guardare in avanti. Puoi fare tante cose con un gruppo, anche con meno qualità. Nel mondo del calcio c’è solo una cosa che comanda, ed è la mentalità. Tutti sanno giocare a calcio. Per il budget speso dal Milan in questi quattro anni ci sono pochi in Europa che sono riusciti a fare quello che abbiamo fatto noi".

Da cosa aveva capito di poter vincere lo scudetto nel 2021/2022: "Qualità. Non puoi parlare di Scudetto se non hai qualità. Se riesci ad avere questi standard alti ogni giorno allora puoi fare cose che nessuno si aspettava. Non penso che se lo aspettasse qualcuno, nemmeno i milanisti quelli veri".

Sul lungo infortunio nell’anno dello scudetto: "Se potessi cambiare una cosa nel mio percorso sicuramente direi l’infortunio. Ma mi ha fatto crescere tantissimo. Devi sfruttare i momenti che hai. È stato più facile la gioia pura nel mio lavoro ma anche a casa con la mia famiglia. Ero molto consapevole delle cose che facevo anche prima, ma ora è il doppio. Se devi fare 10 magari ad un certo punto fai 9, poi 8 e così via. Però ogni volta che vai da 10 a 9 devi capire che hai perso il 10%. E se metti tutto insieme diventa tanto. Se fai capire questa cosa allora la squadra può crescere ancora di più. Abbiamo fatto un grande percorso, siamo cresciuti tanto. Bisogna però migliorare ancora".

Sull’appoggio della famiglia: "Fondamentale. Se non stai bene a casa non stai bene fuori. Per quanto io voglia bene al Milan, rispetto alla mia famiglia il Milan è il “fuori casa”. Milano è anche casa dei miei figli, parlano meglio l’italiano che il danese. Milano è diventata casa".

Sull’aspetto umano: "E' la cosa più importante. Come ha detto Pobega è l'unica cosa che rimane e per quello sono contento e orgoglioso".

Sull’essere una squadra: "Tutto, parte tutto da là. Hai bisogno di tutti per farlo, non puoi riuscirci se cinque persone non ti seguono. Se sei in difficoltà il gruppo ti può aiutare. È il primo gruppo nella mia carriera che sento di avere come quello in Nazionale, dove c'è un percorso di 14 anni. Qua ci sono riuscito in quattro anni".

Sull’essere leader: "Ci sono momenti di gioia e ci sono momenti dove tu prendi schiaffi. Io non ho mai avuto bisogno di andare a parlare quando ci sono momenti belli. Io so che quando arrivo a casa la mia famiglia mi fa i complimenti per una bella partita o se ho fatto qualcosa. Nei momenti così mi viene più naturale prendere gli schiaffi su di me. Ho anche pagato su di me questa cosa. Ma quando senti questi messaggi dai tuoi compagni mi conferma che è la cosa giusta".

Sui difensori rossoneri: "Sono sempre stato disponibile con loro. Se giochi con Gabbia, Thiaw, Tomori o Kalulu le basi devono essere uguali per tutti. Non siamo noi a decidere chi gioca, ma se noi riusciamo ad avere continuità e so come gioca chi è alla mia sinistra, so cosa fare. Loro hanno grandissima qualità. Fik ora è quello con più esperienza che deve fare quel salto: può essere un buon giocatore, ma ha tutte le possibilità per diventare uno dei difensori più forti al mondo con le sue caratteristiche. Gli altri hanno le stesse possibilità, ma sono più giovani".

Sui tifosi del Milan: "E' un rapporto che mi sta molto vicino al cuore. Mi ha sorpreso tante volte, soprattutto l'anno scorso e quest'anno come si sono comportati con noi. Non me l'aspettavo. Pure noi siamo diventati milanisti, pure i miei figli".

Un saluto finale: "Ringrazio tutti, il sogno e l'orgoglio di essere arrivato qua. Mi ha dato tante soddisfazioni per la vita e la carriera. E in futuro, quando finirò di giocare a calcio, penso che tornerò a Milano a vivere con la mia famiglia perché Milano è casa nostra".