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Giovanni Galli ha rilasciato un'intervista a La Gazzetta dello Sport. L'ex portiere del Milan ha ripercorso alcuni dei momenti più importanti e significativi della sua carriera con la maglia rossonera.
Nel 1986 Berlusconi atterrò all'Arena Civica da nuovo proprietario del Milan, lei arrivò in rossonero. Sensazioni di trovarsi su un altro pianeta?
"Un salto notevole. Trovarmi in un calcio che non sapevo cosa fosse, giocare in un grande club ed essere al cospetto di Berlusconi. Ci fece capire subito le sue intenzioni. Tu dovevi solo giocare a calcio, al resto pensava la società. Tutti avevano un compito. Dalla casa al medico, chiamavi e il problema era risolto. Se avevi il permesso di Galliani potevi parlare direttamente con Silvio. Oggi sono rimaste cinque cose: storia, maglia, tifosi, Milanello e San Siro. Per il resto, chi chiami? Un fondo americano? Una volta eravamo dipendenti di un'azienda che aveva un capo riconosciuto. Oggi ogni giocatore è un'azienda a sé e che a sua volta appartiene a una multinazionale".
Scudetto o Coppa Campioni?
"Il ricordo più bello è lo scudetto perché fu il primo di quella gestione. E anche la più grande "delusione": non c'erano coppe o medaglie, finita la festa in campo e nello spogliatoio si tornava a casa. Alzando la Coppa Campioni sapevi di sollevare un'icona, di entrare nella storia".
C'è un giorno esatto in cui la storia inizia?
"La notte di Belgrado, il grande Milan nasce lì. Gli ottavi di finale con la Stella Rossa: perdiamo mezza squadra ma passiamo ai rigori. Senza quella vittoria non saremmo arrivati alla finale contro la Steaua. Non ci sarebbe stato quel successo e nemmeno quello dell'anno dopo, quando ci presentiamo da campioni in carica. Lo scudetto era andato all'Inter del Trap, il campionato aveva assegnato a loro il diritto a partecipare".
Ricordi di un grande Milan che ora sembra lontano, soprattutto leggendo la classifica attuale, in attesa di capire come ripartirà il club nella prossima stagione. Nel frattempo gira una voce folle: dall'Inter può arrivare...
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