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Fabio Capello è stato intervistato a Fox Sports: “La squadra degli invincibili veniva dal settore giovanile. Ci sono stati due veri capitani nel Milan: Baresi e Paolo Maldini, nato nel settore giovanile. Nato milanista. Avrebbero meritato entrambi di vincere il Pallone d’Oro. Donadoni, Evani, Simone, Massaro, li ricordo con affetto così come Papin che giocava e non giocava. Weah era un grande giocatore e un grande uomo. Adesso il Milan sta passando la mano ai cinesi, speriamo e ci auguriamo che siano cinesi vincenti come lo è stato l’ultimo presidente”.
MILAN -BARCELLONA – “La partita contro il Barça fu ben preparata. Crujff era convinto di vincere. Loro fecero un allenamento ridicolo il giorno prima quasi a voler dire che potevano rilassarsi. La vittoria nasce dall’amichevole giocata contro la Fiorentina. In Finale di Champions non potevo schierare Baresi e Costacurta che erano squalificati. In quell’amichevole schierai Desailly e Filippo Galli come centrali e perdemmo 2-0. Mi chiesero se ero preoccupato ma risposi che non lo ero affatto perché avevo capito cosa fare ovvero mettere Maldini centrale con Galli e Panucci terzini. Perché non ho mai esultato? Non ho mai esultato per i gol perché credevo che ogni gol fosse il risultato di un lavoro settimanale e mensile di tutti quanti. Quella partita con il Barcellona fu particolare. Sul 4 a 0 però esultai. Fu la festa per Berlusconi. Noi vincemmo la Champions e lui ricevette la fiducia per diventare presidente del Consiglio. Era molto felice”.
BERLUSCONI – “Si occupava di tutto. Trovava il tempo di interessarsi se uno stava bene, se uno stava male. La prima volta che arrivò a Milanello lo rivoluzionò tutto. Un giorno arrivò con l’elicottero e si infuriò per come avevano potato le piante del centro sportivo: ‘Chi è quel pazzo che ha tagliato le piante? Chi è quel criminale?’. Fece una lezione di potatura a tutti e il giardiniere era sempre stato una persona buona quindi lo salvarono. Si interessava della formazione. Voleva sapere come stava la squadra o se c’era qualche dubbio. Non mi ha mai detto vorrei che giocasse questo o che giocasse quest’altro. Non ha mai interferito nelle mie decisioni. L’unica cosa che fu difficile da digerire per lui fu il giocatore Borghi. Un giorno mi chiamò per invitarmi a villa San Martino. Mi disse che sarei dovuto andare ad allenare il Como, portandomi Borghi e facendolo giocare. Gli dissi di no”.
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