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Maignan: “Alle origini ero attaccante, il mio ruolo non si limita all’area”

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Il portiere rossonero ha rilasciato un'intervista a Sportweek, settimanale allegato a La Gazzetta dello Sport, raccontandosi a tutto tondo
Redazione Il Milanista

Il Milansta cambiando molto in questo mercato estivo. Dopo una cessione importante come quella di Tonali, stanno arrivando nuovi come Loftus-Cheek, Romero e l'imminente Pulisic. Una delle certezze invece resterà Mike Maignan. Il portiere rossonero ha rilasciato un'intervista a Sportweek, settimanale allegato a La Gazzetta dello Sport, in occasione del lancio della sua capsule collection, linea sport, con Missoni. Sulle possibili difficoltà della prossima stagione: "Non sono mai preoccupato. Ci saranno nuove sfide, nuove prove: ed è proprio questo che amo".

Come intende il ruolo del portiere: "Per me è importante andare oltre la mia funzione, il mio ruolo non si limita all’area di rigore, parlo molto con i miei compagni di squadra per prevedere le mosse dell’avversario. Ho sempre avuto questa mentalità, perché parto dal presupposto che sia utile per la squadra. Se faccio una buona partita ma la squadra perde, non sarò mai soddisfatto".

Alle origini però non giocava fra i pali: "Ero attaccante o numero 10, non volevo andare in porta. Sono finito lì per caso e da ragazzino mi alternavo. A 10-12 anni ho sostenuto dei test a Clairefontaine, l’accademia nazionale del calcio francese. L’allenatore che mi accompagnò al provino mi lanciò una sfida: 'Se arrivi all’ultimo turno di selezione, resterai portiere'. Fortunatamente è quello che è successo. All’epoca mi seguiva il Psg e questo mi ha convinto a restare in porta ma ho mantenuto il desiderio di giocare più avanti e di partecipare al gioco".

Le emozioni di San Siro e dei suoi tifosi: "Ogni volta che entro in campo è magico. Tutto lo stadio, tutto il popolo rossonero alle spalle. E poi il contesto di certe partite rende il tutto ancora più speciale. In casa contro la Fiorentina, eravamo vicini allo scudetto. I tifosi hanno scortato l’autobus, l’entusiasmo era incredibile, ho sentito tutto lo stadio spingere dietro di me: ci ha dato le ali, ci sentivamo invincibili".

I suoi modelli da bambino: "Da piccolo guardavo Edwin Van der Sar. Ma presto mi sono convinto che dovevo essere io il mio modello. Provo molto rispetto, in particolare per Manuel Neuer e per il contributo che ha dato al nostro ruolo".