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Notizie Milan – Bennacer: “Stiamo lavorando per crescere”

Stefano Pioli e Ismael Bennacer

Il centrocampista algerino del Milan si è raccontato in una lunga intervista, concessa al settimanale SportWeek. Ecco le sue parole

Redazione Il Milanista

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MILANO - Ismael Bennacer, centrocampista del Milan, ha concesso una lunga intervista, nella quale ha ripercorso le tappe della sua carriera, l'approdo al Milan  e il suo rapporto con la famiglia e la religione. Ecco che cosa ha detto il calciatore rossonero, al settimanale SportWeek.

L'arrivo al Milan.

: «Ho scelto il Milan per la sua storia, ma non solo. I rossoneri sono stati quelli che mi hanno voluto di più, ho reputato il loro progetto migliore per me rispetto agli altri».

La sua carriera tra Londra e Empoli.

: «I primi mesi in Inghilterra sono stati duri, ho passato due mesi in albergo perché non volevo andare in una famiglia che non conoscevo. Dopo poco mia sorella mi ha raggiunto, all'epoca avevo 17 anni e non potevo stare da solo, poi mi ha raggiunto la mia ragazza, che poi in Inghilterra sarebbe diventata mia moglie. L'esordio in prima squadra lo faccio contro lo Sheffield, in Coppa di Lega. Entro perchè si fanno male prima Chamberlain e poi Walcott. Wenger mi mette largo a sinistra, nei tre davanti, un ruolo che non avevo mai fatto prima. Avevo tanta pressione, cerco di fare il mio meglio, perdo palloni palloni, ma ne tocco di meno. Dopo quella partita non gioco più, ma non ho rimpianti, perchè ho avuto la possibilità di allenarmi con calciatori fortissimi: Ozil, Cazorla. Avevo ancora quattro di contratto con loro, ma decido di andare via. Volevo una squadra che mi volesse davvero. Vado a Empoli, una città che non conoscevo, ma accetto di passare dalla Premier League alla SerieB italiana. Loro hanno dimostrato di volermi davvero, così come ha fatto il Milan».

La sua infanzia.

: «Sono fatto in una certa maniera, da bambino amavo prendere rischi. Il calcio mi ha aiutato molto, mi ha fatto credere in me stesso, ma in privato sono una persona molto discreta. A scuola ero molto intelligente, nella mia famiglia lo studio era molto importante, avevamo l'esempio di mio padre. Lui aveva iniziato a lavorare a 12 anni e quando arrivò in Francia, dal Marocco, stava fuori casa 12 ore al giorno, tutti i giorni. Si spaccava la schiena, faceva il muratore e quando era con non aveva nemmeno la forza di parlare. Non ha mai imparato a leggere o scrivere, per questo considerava la scuola molto importante. Ci diceva che lavorava così tanto per noi, perchè non dovevamo fare la sua stessa fine. Siamo quattro fratelli: il più grande è ingegnere, una sorella studia per diventare avvocato. Poi ci siamo io, che mi sono fermato a 16 anni al liceo Scientifico, un’altra sorella, più piccola, che va ancora a scuola».

Il ricordo della Francia.

: «Arles si trova nel sud della Francia, molto vicino a Marsiglia, un posto caldo, in tutti i sensi. Io sono cresciuto nel quartiere di Trinquetaille, è stato un periodo difficile, perchè molti miei coetanei non pensano. Se lo avessi fatto anch'io a quest'ora starei vendendo droga. Gli amici mi cercavano per andare in discoteca o a vedere le donne, ma io rispondevo di no, a me non interessavano queste cose. Finivo l'allenamento con l'Arles e tornavo a casa a fare addominali».

L'importanza della religione.

: «Per le mreligione è importantissima, è tutto. Se smettessi di giocare a calcio avrei solo quella, solo Dio. Per questo motivo non ho paura di niente e di nessuno, non idolatro i miei colleghi. Li ammiro, ma certamente non vado in pellegrinaggio da loro... Quando ho giocato contro Cristiano Ronaldo la prima volta, a fine partita molti miei compagni andarono a chiedergli un selfie, io no».

La Stagione con i rossoneri.

: «Quest'anno ci è mancata la vittoria contro una grande. Siamo una squadra giovane, stiamo lavorando per crescere, ma dobbiamo essere essere più compatti tra di noi, morire in campo, l'uno per l'altro. Io devo migliorare sotto altri aspetti, prendo troppi cartellini gialli, sono troppo irruente. Alcune ammonizioni le ho preso per niente, ma sento l'importanza della maglia, ci tengo a afre bene con il Milan. Questo alle volte mi ha portato a non pensare, un calciatore prima deve pensare e poi fare».

Il suo ruolo preferito.

: «Mi piace giocare avanti alla difesa, mi piacciono le responsabilità di quel ruolo.  Devo capire in ogni occasione qual è la scelta migliore da fare ed essere più lucido nell’ultimo passaggio. E' tutta una questione di testa, con il tempo e con l’esperienza imparerò a essere più decisivo».