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Albertini: “Il Milan merita lo scudetto perché inatteso. Non sbaglierà!”

I calciatori del Milan esultano

Demetrio Albertini ha rilasciato una lunga intervista sulla stagione del Milan e sulla possibilità di vincere lo scudetto.

Redazione Il Milanista

Demetrio Albertini ha rilasciato un’intervista ai microfoni de La Repubblica sul Milan. Ecco le parole dell’ex calciatore:

Come può il Milan perdere lo scudetto: "Lo sport ci insegna che tutto è possibile, però sarei stupito se sprecasse l'occasione. Anche perché ha meritato di trovarsi in questa situazione".

Sulle gare di Milan e Inter: "Non è un luogo comune che non esistano partite scontate. Una squadra entra in campo libera da pensieri, l'altra sa che il risultato è vitale. A nessuno piace mai perdere e non piacerà al Sassuolo, né alla Sampdoria. Dipenderà molto dalla capacità di indirizzare presto la partita, per non restare preda della preoccupazione".

Analogie tra i suoi cinque scudetti rossoneri e quello vinto al Barcellona: "Nessuna. L'unica plausibile è che anche nel 1999 il Milan non era favorito a inizio campionato, ma il paragone regge fino a un certo punto. Quella era una squadra più esperta, al principio di un ciclo di ricostruzione. Questa è più giovane, ma arriva da un progetto lungo due anni e mezzo, più o meno dal post pandemia a oggi. Al massimo può esserci una sensazione comune. L'ultimo dei miei cinque scudetti al Milan è quello che avevamo festeggiato di più e con più trasporto, anche i tifosi, perché era inatteso. Se andrà bene, credo che sarà così anche stavolta".

Milano occupa le prime due posizioni da due anni: "Senza togliere nulla alle altre città, alla fine è il posto che Milano merita: per storia e per quello che ha costruito. È abituata a vivere in alto, stiamo parlando di squadre che devono stare sempre lì: in Italia e in Europa".

Se il calcio di Pioli è come quello di Sacchi: "Il calcio è sempre lo stesso, ma si evolve. E Pioli, anche tatticamente, come tutti gli allenatori moderni è davvero attento a evolversi. Poi la cosa più importante è l'interpretazione della partita. La tattica soffoca il talento se, quando giochi, pensi solo a quello. Invece valorizza il collettivo, e all'interno del collettivo il talento, se il calciatore, seguendo la traccia che gli dà l'allenatore, riesce a mettere a profitto le sue doti".

Sull'abilità coi piedi di Maignan: "Quello è l'esempio su tutti: il portiere che fa anche il regista. Può capitare qualche errore, tipo Radu con l'Inter o Donnarumma col Psg, ma è inevitabile questa evoluzione del ruolo, altrimenti regali un giocatore all'avversario. Poi ci sono i terzini che fanno le ali o i centrocampisti che scambiano le posizioni e diventano universali".

Su Tonali: "Tonali è un po' tutto, è moderno. Ha caratteristiche da mezzala, ma può anche giocare davanti alla difesa. Ed è pure un incontrista".

Su Paolo Maldini: "In questi anni Paolo ha acquisito esperienza, anche se ha un ruolo diverso dal suo passato, e sta dando il suo contributo alla società che ama. Essere dirigente è un altro lavoro, bisogna appunto acquisire l'esperienza, che è l'unica cosa che non si compra. Così uno come Paolo ha potuto mettere a frutto, per il bene del Milan, ciò che un dirigente senza il suo passato non può avere".

Se Leao resterà: "È doveroso lasciare questi discorsi a Paolo".

Sugli addii di Donnarumma e Kessié: "Oggi devi valutare tra la possibilità di spendere e la sostenibilità economica, è l'unica cosa che un club può fare. Oggi un progetto sportivo non può consistere solo nella squadra, ma deve tenere conto del club".

Se Ibrahimovic è ancora da Milan: "In qualunque caso sarà la società a stabilire le eventuali modalità con cui tenerlo. Di sicuro l'importanza e il carisma di Ibra non se li è mai nascosti nessuno".