Per la prima volta dopo il doloroso addio al Milan, Theo Hernandez ha raccontato la sua verità in una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport. Ha parlato di ciò che è successo e che lo ha portato a lasciare un club a cui era profondamente legato, come il Milan. Poi è entrato nel merito anche di alcuni singoli. Ecco un estratto.
Le parole di Theo Hernandez
“Ho incontrato il Milan prima della partita con il Napoli. Quando andai via non riuscii ad abbracciarli tutti come avrei voluto. Mi dispiace che abbiano perso. Ho detto ‘bravo’ a Bartesaghi, che si merita tutto, e abbracciato Modric, con cui ho giocato a Madrid. Un genio: è di un altro livello”.
Se ha incontrato anche qualche dirigente:
“Ho visto anche Allegri, Tare e Ibra. Furlani non si è fatto vedere“.
Sulla trattativa col Como nel gennaio scorso:
“Non sarei mai andato via. La mia priorità era restare. Dicevano che avessi chiesto cifre esorbitanti per il rinnovo, che spingessi per la cessione… tutto falso”.
Sul suo addio dal Milan:
“Avrei meritato un trattamento migliore. Non me l’aspettavo. Alcuni compagni mi spingevano a restare, ma quando un dirigente ti chiama e ti dice ‘se resti qui ti mettiamo fuori rosa’ io che cosa posso fare? Cerco altro. In Italia avrei giocato solo nel Milan. Se il Milan vincesse lo scudetto, festeggerei in mezzo ai tifosi”.
Su un possibile ritorno al Milan:
“Ora voglio vincere qui. Ma finché ci sono certe persone non torno“.
Sui cambiamenti al Milan e sul post d’addio polemico fatto sui social:
“Quando sono arrivato c’erano Massara, Boban e Maldini, il mio idolo. Ibra è un top, ma dopo Paolo è cambiato tutto in peggio. Mi sono sentito spaesato. L’anno scorso io e Calabria ci presentammo a Milanello con la maglia di Paolo, a qualcuno non andò bene. Hanno strappato una bandiera per nulla. A parte Ibra, la mancanza di milanismo si sente. Il giorno in cui mi ha chiamato per incontrarci è stato il più bello della mia vita sportiva. Mi raggiunse a Ibiza e parlammo di fronte a un’aranciata. Non volevo crederci. Se sono diventato ciò che sono, e anche il difensore del Milan con più gol, è grazie a lui. Tuttora siamo sempre in contatto. La sua maglia con dedica mi emoziona: ‘Theo, il mio degno erede’“.
Sulle critiche dei tifosi l’anno scorso:
“Mi hanno fatto molto male. So che ho commesso degli errori, come le espulsioni con la Fiorentina o col Feyenoord, ma siamo umani. Non ero sereno mentalmente e avrei potuto fare meglio, ma i tifosi sanno chi è stato Theo al Milan”.
Sul discusso episodio del cooling break con Leao:
“È stato ingigantito. Io e Leao eravamo entrati da poco e siamo rimasti lì. Dicevano che non avessimo un bel rapporto con gli allenatori, ma non era vero. Io andavo d’accordo anche con Conceicao. Lui era autoritario, ma la gente parlava a vanvera“.
Su Leao:
“È fortissimo, ma ogni tanto ha la testa non si sa dove. In quegli anni io e lui, lì sulla sinistra, abbiamo fatto male a tutti, infatti non lo vedo bene come punta“.
Su Maignan:
“Ha una situazione simile alla mia, e non è finita bene“.