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Sacchi: “Gli azzurri credevano di aver già raggiunto la gloria”

Arrigo Sacchi, ex allenatore del Milan

Ecco l'analisi del c.t. dell'Italia e allenatore del Milan Arrigo Sacchi sull'arrivo agli spareggi degli azzurri di Mancini

Redazione Il Milanista

Ai microfoni de La Gazzetta dello Sport è intervenuto l'ex c.t. della Nazionale italiana Arrigo Sacchi. Ecco le sue parole

Sacchi, se l’aspettava un finale simile? - “Avevo visto la partita dell’Olimpico contro la Svizzera e gli azzurri mi erano sembrati spenti. Com’è possibile che una squadra come la Svizzera, per di più senza cinque o sei titolari, riesca a creare tre palle-gol nel primo quarto d’ora e a segnarne uno? Quindi, per questa sfida contro l’Irlanda del Nord non avevo grandi aspettative. Speravo che andasse bene, però sapevo che sarebbe stata una strada in salita”.

Che cosa è successo dopo la vittoria dell’Europeo? - L’Italia è arrivata al traguardo finale cotta e forse con un po’ di presunzione figlia del successo estivo. Questa è una lezione importante che dobbiamo studiare e analizzare per risalire e ritornare a essere una vera squadra”.

L’Italia pare davvero aver smarrito quel senso del gruppo che l’aveva contraddistinta. È d’accordo? - Premessa necessaria: l’Italia all’Europeo ha meravigliato tutti e di questo dobbiamo ringraziare i giocatori e il commissario tecnico. Lo hanno fatto perché hanno saputo essere squadra, hanno lottato con generosità, hanno sopperito a qualche carenza tecnica con l’entusiasmo e con la brillantezza atletica. Ora non è più quell’Italia. Credo che per tornare grandi si debbano ritrovare entusiasmo, modestia, volontà e, perché no, anche intelligenza. Il fatto è che saper governare il successo, specialmente in un Paese come l’Italia, è davvero complicato”.

Detto in soldoni: dopo l’Europeo gli azzurri si sono montati la testa? - Diciamo che hanno creduto di essere già arrivati alla gloria. Ma la gloria si conquista giorno dopo giorno, con il sudore e con la fatica. Siamo arrivati al momento decisivo che eravamo in ginocchio. Abbiamo perso per strada la generosità, la voglia di fare una corsa per aiutare il compagno, la brillantezza fisica, e di conseguenza anche l’entusiasmo e, forse, l’ottimismo”.

Certo che finire dietro la Svizzera, da campioni d’Europa, non è un gran biglietto da visita per il nostro calcio - Non lo è, ma è quello che ha detto il campo. Questa batosta può far tornare i giocatori con i piedi per terra, condizione fondamentale e imprescindibile se si vuole essere ancora una squadra. Io non drammatizzerei troppo: questi ragazzi, poco tempo fa, hanno fatto qualcosa di straordinario. E se lo hanno fatto, possono rifarlo. L’importante è vivere con equilibrio questo momento”.

Come si può gestire adesso la situazione? - L’importante è non giocare allo “scaricabarile”, disciplina nella quale gli italiani sono bravissimi. Qui c’è da fare un profondo esame di coscienza, chiedersi tutti che cosa si è dato e che si poteva dare. Senza drammi, senza polemiche e, soprattutto, con molta calma e altrettanta pazienza. Ora abbiamo qualche mese davanti a noi per preparare le due sfide decisive, possiamo arrivarci in forma”.

Oltre ad essere in difficoltà fisica gli azzurri, nelle recenti uscite, sono parsi anche in difficoltà psicologica - “Erano mentalmente cotti. Probabilmente il successo li ha scaricati, sono cose che capitano. E poi non dimentichiamo che ci sono stati anche tanti infortuni a complicare le cose e non consentire molte scelte all’allenatore. Forse c’è stata anche un po’ di superficialità, perlomeno per quello che si è visto nelle ultime due partite. Comunque è andata così e adesso dobbiamo guadagnarci il biglietto per il Mondiale”.

Lo spareggio sarà durissimo, anche perché gli avversari sono tutt’altro che abbordabili - La qualificazione ce la dobbiamo guadagnare tornando a fare il calcio che abbiamo dimostrato di poter fare. Noi diamo il massimo quando abbiamo la paura a bussarci alla porta, siamo fatti così: vale per il calcio e vale per la vita di tutti i giorni. Con le spalle al muro sappiamo reagire ai problemi”.

Va bene essere fiduciosi, però giocare contro l’Irlanda del Nord senza centravanti è sembrato un po’ esagerato. Che ne pensa? - Il problema è che Insigne non è quello di un mese fa. Corre a vuoto, è una pistola scarica. Succede nell’arco di una stagione. In panchina c’erano attaccanti che, evidentemente, all’allenatore non davano le necessarie garanzie: Scamacca gioca poco nel Sassuolo, Raspadori idem, Belotti non è al massimo. Quindi Mancini ha scelto per la soluzione senza centravanti classico. Ma adesso non tiriamo la croce addosso al commissario tecnico. Se ha portato l’Italia a giocare bene, come all’Europeo, sono convinto che troverà la soluzione giusta per guidarci al Mondiale”.

Finire agli spareggi sminuisce il successo di Wembley? - Subito sì, è fuori di dubbio. La delusione prende il sopravvento, è normale. Ma alla lunga ci si ricorderà di quello che questi ragazzi hanno fatto all’Europeo in mezzo a mille difficoltà. E, lo ripeto ancora una volta, se ci sono riusciti allora a stupire tutti, ci possono riuscire ancora. L’importante è che tornino a essere una squadra”.