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Condò a MN: “La Champions in casa Milan deve essere la norma”. E su Kessié…

Il noto giornalista Paolo Condò

Ecco le parole di Paolo Condò a MilanNews.it

Redazione Il Milanista

MILANO - Ai microfoni di MilanNews.it è intervenuto il noto giornalista Paolo Condò. Ecco cosa ha detto l'opinionista di Sky Sport sui rossoneri:

Può sembrare banale, ma si è davvero chiuso un cerchio: 22 dicembre 2019-23 maggio 2021, da Bergamo a Bergamo, da un 5-0 a uno 0-2, da un sesto a un secondo posto con annessa qualificazione in Champions. Il percorso del Milan in questi 17 mesi è stato sicuramente virtuoso e positivo - Naturalmente c’è un valore molto simbolico in questa ricorrenza, chiamiamola così. Quella fu la sconfitta più brutta della storia recente del Milan e soprattutto quella fu la sconfitta che convinse Gazidis a chiamare Rangnick, che nelle sliding doors del Milan di questi ultimi due anni è stata sicuramente la più grossa. Da qui è partito tutto, con Pioli che ad un certo punto è riuscito a rimontare anche nelle idee di Gazidis, con Maldini non c’era questo problema, facendogli cambiare opinione sul chiamare Rangnick. Io ho sempre elogiato questa capacità; ho conosciuto tanti capi nella mia vita, non è che sia molto comune un capo che dopo aver preso una decisione, anche di fronte all’evidenza, la cambi. Cioè che abbia la capacità e la sicurezza di dire: “Ok, stavo facendo una cazzata”. Oppure: “Ok, non stavo facendo una cazzata – perché secondo me non lo era chiamare Rangnick, è un eccellente tecnico e un eccellente formatore – però di fronte all’impatto che ha avuto Pioli a Milanello e sulla squadra ha meritato la conferma”. Ha portato risultati che hanno giustificato questa conferma. Quindi oltre a Paolo Maldini che ovviamente si è sempre battuto per Pioli mi piace sottolineare che Gazidis abbia saputo riconoscere che l’idea degli altri era migliore della sua, e non è una cosa così frequente”.

Secondo te c’è un segreto dietro questi risultati convincenti oppure, probabilmente, è un insieme di più cose? - “Semplicemente è un lavoro che è stato fatto bene. Però sarà bene ricordare per il futuro che tutto questo lavoro che noi elogiamo alla fine è dipeso da una partita, quella di Bergamo. Se l’Atalanta avesse vinto, cosa che poteva succedere sia perché è una squadra molto forte e sia perché sulle distanze di una partita può succedere di tutto. Che discorsi avremmo fatto? Avremmo fatto dei discorsi continuativi, del tipo “Ci è mancato pochissimo, è giusto che il Milan continui con gli stessi uomini” però chiaramente senza quei 50 milioni che ora sono una bellissima dote per costruire il futuro. Avremmo detto questa cosa qua ma non so in quanti ci sarebbero venuti dietro e in quanti non avrebbero cominciato a dire “Abbiamo fatto un bel campionato però siamo al punto di prima, cambiamo allenatore, cambiamo giocatori, cambiamo dirigenti” e così via. Non dico che sarebbe stato maggioritario, ma ci sarebbe stato sicuramente questo partito. È una cosa da non dimenticare che tutti gli elogi che facciamo adesso, e che il Milan si è meritato, avvengono perché è andata bene l’ultima partita”.

La riconferma di Pioli sarebbe stata giusta anche se fosse arrivato quinto? - “Assolutamente sì perché Pioli ha lavorato bene, non c’è dubbio su questo. È anche da considerare che una squadra che arriva quinta con 77 punti, il Napoli, è un punteggio molto alto. Comunque tutte le squadre che sono arrivate in quella fascia di punti non si può dire che abbiano sbagliato la stagione. Alla fine neanche la Juventus, dopo aver vinto nove scudetti è normale poterne perdere uno, è arrivata quarta ma ad un punto dal secondo posto. I meriti di Milan, Atalanta, Juventus e ci metto anche il Napoli, sono molto simili. Poi è chiaro che diamo più meriti al Milan perché ad inizio stagione sembrava meno forte a livello di rosa, mentre la Juventus si è criticata tutto l’anno perché si pensava che si potesse fare molto di più di quello che ha fatto. Tendenzialmente hai questa sensazione, però alla fine hanno fatto tutte più o meno lo stesso campionato”.

Maldini in ogni caso ha detto che questo è solo un punto di partenza e che per diventare una grande squadra bisogna essere meno altalenanti - Mi sono piaciute le parole di Maldini, ma non mi aspettavo niente di meno. Il Milan, per quello che è successo negli ultimi dieci anni, è giusto che festeggi un piazzamento in Champions League. È chiaro però che questo deve tornare ad essere l’assoluta norma”.

In ogni caso sottolineerei come questa stagione sia stata, oltre che anomala per l’assenza per il pubblico per gli stadi, anche concentrata e faticosa a causa di impegni serrati ogni 3-4 giorni - Assolutamente. I giocatori hanno fatto una grande stagione, non c’è nessun dubbio. Hanno fatto una grande stagione perché alla fine il grande totem Ibrahimovic per metà delle partite non l’hai avuto, ma sei riuscito comunque ad andare in Champions senza il tuo giocatore più forte, il tuo leader assoluto. Il Milan è una squadra che scelto di avere un leader assoluto, che è appunto Ibra. I leader assoluti funzionano quando li hai per trentotto partite, lo hai avuto solo per diciannove. E inoltre il giocatore che avevi preso per surrogarlo, Mandzukic, alla fine non ti ha dato niente. Questo vuol dire che c’è stato tutto un corpo della squadra, che identifico in Donnarumma, Kjaer, Kessié che è stato eccezionale, Theo Hernandez; è la spina dorsale del Milan che ha ottenuto questo risultato e hanno fatto una grandissima stagione”.

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C’è un passaggio nell’intervista di Maldini nel post gara che secondo me è importante, quando parla delle scelte di comunicazione e comportamento. Quanto è importante insegnare ad un gruppo così giovane a non cercare alibi? - “Il Milan non ha mai parlato di arbitri, non è mai andato a vedere cosa succedeva sugli altri campi, le sue scelte sono state sempre focalizzate su quello che avveniva a Milanello e quello che avveniva durante le partite. È molto rispettoso dello stile del Milan, lo stile che il Milan ha sempre avuto e non sia un caso che sia stato Paolo Maldini a dettare queste regole di comportamento. Sai per Paolo da un certo punto di vista era facile, era il più forte difensore del mondo: tutti andavano a scuola da lui. Però poi Maldini nel corso del tempo ha saputo diventare non solo un favoloso difensore, ma anche un leader della difesa, un capitano, poi un leader della squadra. Sicuramente è passato troppo tempo dal suo ritiro al momento in cui gli è stato affidato un incarico di responsabilità dentro la società, Paolo Maldini andava chiamato molto tempo prima. Adesso intanto la tendenza è di nuovo positiva. Una volta al Milan, quando io andavo a Milanello da giovane cronista c’era molta più libertà di scendere fino alla palestra, di vedere i campi, di vivere più a contatto con i giocatori. Costacurta, Maldini, Ambrosini, Gattuso, Albertini, Filippo Galli, tutto il nucleo storico e veterano della squadra era lì ad allenarsi e riscaldarsi un’ora prima dell’orario stabilito per l’allenamento, perché era tutta gente che amava fare le cose bene. Sembra una banalità, ma è quello che fa la differenza. Se tu sei baciato dal talento come molti di loro, erano giocatori meravigliosi, e in più hai questa voglia di prepararti bene, ma prepararti bene in gruppo; tu vai lì la mattina e sai che troverai gente con cui stai bene, è anche facile mettersi in palestra a fare pesi. Lo fai tra amici, chiacchierando di quello che hai fatto la sera prima o di cosa farai la prossima estate, sono delle cose importanti. Ho l’impressione che Maldini sia riuscito a riportare quel tipo di clima dentro Milanello. Nei modi in cui il Milan festeggiava via via i vari traguardi che raggiungeva durante l’anno vedevo sempre quella allegria di fondo che secondo me è una componente fondamentale dei grandi gruppi”.

Tornando al campo, c’è una partita di questa stagione che ti hanno colpito particolarmente? - “Mi hanno colpito due partite del Milan quest’anno. In verità sono tante, mi ha colpito la capacità di rimbalzare sempre positivamente dopo aver giocato una partita negativa. Però mi hanno colpito moltissimo la vittoria di Napoli e la vittoria in casa della Juve al ritorno. Sono stati due segnali molto forti, arrivati in due momenti decisivi della stagione e sono stati dei messaggi che la squadra ha inviato a sé stessa, perché riuscire a cogliere questi risultati contro due squadre forti sul campo di due squadre forti è stato molto importante”.

Invece il giocatore dell’anno? - “Il giocatore dell’anno è stato Kessié. È quello che ha avuto il rendimento più costante, è quello che nei momenti decisivi, basta pensare al calcio di rigore contro la Dea, è andato lì senza paura a colpire. È il primo giocatore che blinderei dal punto di vista contrattuale, ha fatto vedere moltissimo in questa stagione. È un leader, è stato il migliore del Milan quest’anno”.

Finito il campionato è subito tempo di calciomercato, croce e delizia di tutti i tifosi. Dove interverresti per rinforzare la squadra? - Innanzitutto cercherei di riscattare Tomori che secondo me è un giocatore molto forte e quindi lo vorrei ancora con me nelle prossime stagione. Per quanto riguarda il contratto di Calhanoglu arriverei fino ad un certo punto. Non disconosco il valore del giocatore però ha ricevuto un’offerta molto ricca dal Qatar. È una cosa a cui ci dovremo abituare d’ora in poi, cioè che esistono dei mondi dove il calcio viene pagato molto di più, ma sono mondi lontani dalla competizione che conta. I giocatori dovranno scegliere se andare a guadagnare il doppio e uscire dal circuito del grande calcio oppure guadagnare comunque cifre ragguardevoli e restare nel calcio che conta. Sono scelte che competono al giocatore. Io continuerei a stare nel calcio che conta, poi ognuno è libero di prendere la sua decisione. Questo per dire che il livello di ingaggio proposto a Calhanoglu, parliamo di circa 4 milioni all’anno, è giusto, non mi sembra un giocatore che debba guadagnare di più. E poi secondo me va preso un grande attaccante che possa convivere anche con Ibrahimovic. Secondo me Ibra bene che vada ripeterà questa stagione a livello di presenze, e probabilmente Leao e lo stesso Rebic hanno dato poco in aggiunta. Leao nel girone di ritorno è praticamente sparito, avevo molte aspettative su di lui e sono rimasto un po’ deluso dal suo girone di ritorno. Rebic si sa quello che ti può dare ma c’è bisogno di un altro grande attaccante”.

C’è qualche nome che ti piace particolarmente? - “I nomi che sono stati fatti: Vlahovic è un 2000 e sicuramente un giocatore molto interessante. A me piace molto anche Scamacca. Mentre Vlahovic è un attaccante che se viene al Milan deve giocare sempre e quindi poi bisogna trovare la maniera di farlo convivere con Ibrahimovic, probabilmente Scamacca è uno che può anche andare in panchina e può imparare molto da Ibra. Ha un’ottima struttura fisica, non molto diversa da quella di Zlatan. Sicuramente costerebbe meno di Vlahovic”.

 Dusan Vlahovic