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Maldini: “Leao talento pazzesco. Sulla possibilità di lasciare il Milan…”

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Paolo Maldini ha rilasciato una lunga intervista a Muschio Selvaggio, durante la quale ha parlato dagli esordi fino ad oggi
Redazione Il Milanista

Paolo Maldini è intervenuto nel corso del podcast Muschio Selvaggio tenuto da Fedez, durante il quale ha avuto modo di parlare del Milan e della sua vita. Sugli inizi: “È partito tutto da mio papà, che è stata un grande giocatore del Milan. Io sono molto legato al Milan e a Milano, oltre all’ambiente rossonero. I miei genitori mi hanno dato tutto, l’educazione in primis, mio papà mi ha instradato verso l’idea di professionismo”.

Sul primo gol: Non si può dimenticare il primo gol. Non sai cosa fare perché è il primo, poi abbiamo vinto anche quella partita lì. Tanta carica e speri di arrivare al risultato finale. Mi ricordo che Berlusconi mi regalò poi un orologio per il primo gol”.

Su Sacchi: “Sacchi non ha giocato a calcio. Non dico avesse timore, ma magari aveva una maniera d’approccio diversa rispetto a quella di un grande ex calciatore. È stato molto difficile anche perché è cambiato il metodo di lavoro: con Sacchi ci ha ammazzato. C’erano meno conoscenze rispetto ad oggi perché poi sono arrivati i preparatori atletici. Io credo di essere andato in overtraining per metà della mia carriera. L’importante è non mescolare troppi lavori”.

Su Ancelotti e Capello: “Ancelotti l’ho avuta nella parte migliore della mia vita. Quando hai 30 anni gestisci le emozioni in maniera diversa e godi dei momenti di tensione. La cosa che più mi manca è quel misto di eccitazione e paura che c’è quando si arriva allo stadio nelle grandi partite. Dopo i 30 anni vivi le cose in maniera più logica e tranquilla. Capello mi ha preso e mi ha detto: “Sai di essere il migliore al mondo?” e da lì ho preso la responsabilità del migliore del mondo e mi ha fatto crescere molto”.

Su Italia-Corea: “Ho chiuso in bellezza (ride, ndr). Prima che iniziasse mi ero reso conto che qualcosa non andava. Nel 2002 non c’era la stretta di mano, lo facevano solo i capitani. Tommasi aveva comunque l’abitudine di farlo ed è andato anche dall’arbitro, che si è rifiutato. Poi anche noi abbiamo sbagliato noi, però… Anche l’atteggiamento faceva tanto. Non ci volevano far entrare allo stadio, abbiamo fatto rissa per entrare nello spogliatoio. Quando è finita bisognava essere freddi e poi c’era tanta amarezza. Lippi nel 2006 mi chiese di andare al Mondiale, ma non me la sentivo di tornare. Avevo già detto di no nel 2004 a Trapattoni”.

Sulla possibilità di lasciare il Milan:Sono vere le voci, ma nulla di concreto. Anche il Chelsea mi aveva cercato tramite Vialli. Se ho mai pensato di lasciare il Milan? Sarei dovuto essere molto convinto io di andare via e il club di lasciarmi andare via. Non è mai successo. Ci sono stati anni duri, tipo a metà anni 90 quando siamo arrivati decimi e undicesimi, ci sono state delle contestazioni. Il club mi ha sempre voluto tenere e quindi certi pensieri non ci sono stati”.

Sui figli Daniel e Christian:E’ già tanto quello che ha fatto, ha anche vinto uno scudetto. Christian è cresciuto anche lui nel Milan, poi si è rotto due volte il crociato e oggi gioca in C. Daniel sta facendo la sua prima esperienza lontano dal Milan. Tra l’altro a differenzia mia, di mio papà e di Christian è l’unico che non fa il difensore. È bello quello che sta facendo. Lui non è precoce come me e quindi questa stagione in prestito e la prossima saranno fondamentali”.

Su Berlusconi:All’inizio non era un politico. Quando è arrivato al Milan ci ha raccontato il suo progetto e ci hanno fatto sognare a tutti. Berlusconi non era conosciuto come oggi. Lui è arrivato e ha riorganizzato tutto il club come un’azienda che doveva funzionare. Lui era metodico, controllava tutto. Prima di diventare primo ministro nel 1994, ad inizio stagione, ci disse che avevamo tre obiettivi: vincere il campionato, vincere la Champions e lui doveva diventare presidente del consiglio. Ci disse che se avessimo vinto la Champions League lui avrebbe avuto più chance di diventare primo ministro. E come è andata? Abbiamo vinto il campionato, la Champions e lui è diventato primo ministro. Lui è sempre stato molto attento a tutti noi”.

Su Leao:Ha già fatto un disco. Una volta mi ha chiesto se poteva farlo uscire il venerdì e il sabato poi giocavamo. Io gli faccio: ‘Cosa?!’. Lui poi mi ha spiegato che nel mondo della musica i dischi escono il venerdì. E gli ho detto: ‘Allora domani devi fare due gol’. Leao è un talento pazzesco. Io sono un esteta grazie a mio papà e Leao è bello da vedere, è qualcosa di unico. Ha le carte in regola per diventare un top. Lui era in panchina al Lille e quando è arrivato gli ho detto che lui giocava per il suo Instagram perchè metteva video bellissimi con dei dribbling e giocate, ma poi finiva la stagione con due gol segnati. Lo abbiamo aiutato a cambiare questa mentalità. Uno così talentuoso deve lavorare anche più degli altri per sfruttare il suo talento”.

Se ha chiarito con Spalletti:Non c’è bisogno di chiarirsi. La cosa bella della maturità è anche questa. È venuto fuori una frase che non ho detto (“Hai già vinto lo scudetto, non rompere i c…”, ndr). Io non volevo fare casino ed essere rumoroso, in quel momento i protagonisti erano altri e non noi”.

Sull’Inter:C’è massimo rispetto, ma non è una cosa solo mia. Quando è arrivato Nesta dalla Lazio mi chiese quali erano i ristoranti in cui poteva andare e quali no, perchè a Roma è così. Gli dissi che poteva andare dove voleva. C’è un antagonismo sano tra le due squadre”.