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Sacchi: “La sindrome del successo ha bloccato la squadra. Su Pioli…”

Redazione Il Milanista

In un editoriale sulle colonne della Gazzetta dello Sport, l’ex allenatore del Milan Arrigo Sacchi ha lanciato un messaggio a Pioli

In un editoriale sulle colonne della Gazzetta dello Sport, l’ex leggendario allenatore del Milan Arrigo Sacchi ha lanciato un messaggio a Stefano Pioli.

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Su Stefano Pioli

“Premessa necessaria: il Milan, nella passata stagione, ha stupito tutti vincendo con merito lo scudetto pur avendo investito meno degli altri club. Lo ha fatto con elementi giovani semisconosciuti e con altri più “stagionati” che hanno saputo regalare entusiasmo attraverso il gioco, proponendo un calcio divertente e moderno, secondo quelli che sono gli attuali canoni internazionali. Poi è successo qualcosa che non era difficile da prevedere: la sindrome del successo ha bloccato la squadra. Non erano abituati a vincere, questi ragazzi. E anche Pioli ha cominciato ad aver paura e, per rimediare e fermare l’emorragia, si è affidato alla tattica. Così si è vista la difesa a tre, che in realtà è a cinque, perché i due laterali rientrano sempre a fare i terzini. In questo modo si concede un uomo, quando non sono due, agli avversari e si fatica a proporre gioco”.

“Il tatticismo, in Italia, paga ancora, ma ci si ricordi sempre che, di fronte a uno stratega, un tattico perde sempre. Pioli era diventato uno stratega, ora mi dispiacerebbe ritrovarlo nella schiera dei tattici. Poniamoci una semplice domanda: qual è la squadra italiana che ha vinto più Champions? Il Milan, perché quasi sempre ha praticato un calcio strategico. C’è inoltre un altro discorso da affrontare: l’allenatore stratega mette il gioco al centro del progetto. Il gioco non solo non s’infortuna mai, ma è pure gratis. […] Il Milan era sulla strada giusta, perseguiva l’obiettivo del dominio del campo, dell’aggressione dell’avversario attraverso il pressing, e poi è tornato al passato. Intendo dire al passato del calcio italiano. I padri fondatori avevano pensato a uno sport offensivo e di squadra. Qui da noi abbiamo perso queste caratteristiche originarie, trasformandolo in uno sport difensivo e individuale. Ma non è questo il percorso da seguire se si vuole continuare a stupire il pubblico”.