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Gimenez: “Le critiche non mi toccano. L’attaccante è il più giudicato”

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Santiago Gimenez si è raccontato in una lunga intervista a GQ Messico. Il centravanti del Milan ha trattato diversi argomenti e ha approfondito aspetti legati al suo carattere e al suo modo di vivere il calcio. Ecco le sue parole.

La trombosi a 17 anni: “Credo che il talento per giocare lo abbia sempre avuto, ma se non mi fosse successa la trombosi a 17 anni, oggi non sarei qui. Lì ho trovato Dio, e questo mi ha fatto apprezzare ancora di più il calcio. Dio ci usa in piattaforme diverse. A me ha messo nel calcio, e devo farne il miglior uso. È stato un miracolo poter tornare a giocare. Da quel momento ho deciso di camminare con lui. Quando mi dissero che forse non avrei più potuto giocare, mi misi a piangere con mio padre. Gli chiesi: ‘Perché proprio a me?’. E lui mi rispose: ‘Non lo so, ma solo Dio lo sa’. Quella frase mi ha cambiato la vita. Mi sono inginocchiato sotto la doccia, al buio, e lì ho sentito la sua presenza. Da quel giorno ho deciso di camminare con Dio. E’ la chiave della mia vita”.

Il rapporto con gli infortuni: “Essere infortunati è orribile, è la cosa peggiore che ti possa capitare, anche se hai due opzioni: vederlo come qualcosa di negativo o come un’opportunità. Ogni volta che mi infortuno cerco di viverlo come un’occasione per diventare più forte, per crescere. E’ come una ‘pausa mentale’ per tornare meglio. Di solito non prendo farmaci, sono contro i prodotti chimici, ma a volte, per il desiderio di star bene e giocare senza dolore, devi prendere qualcosa. E’ questa la passione del calciatore: anche se hai dolore – che capita in quasi tutte le partite – devi comunque scendere in campo. Puoi chiederlo a qualsiasi giocatore: si gioca più spesso con dolore che senza”.

La sua visione dell’essere attaccante: “Ho due modi di vedere le cose. Oggi nel calcio moderno la gente guarda solo le statistiche, se hai fatto gol o assist. L’unica cosa che conta per molti è il voto in pagella. E se hai pochi gol o assist, anche se hai fatto una grande partita, non conta. Non tutti sono così, ma molta gente sì. Dall’altro lato, penso che la pressione sugli attaccanti sia giusta, perché alla fine sono quelli che guadagnano di più, che generano di più, che hanno più responsabilità con i tifosi. Sono i più amati. E quando dai tanto, è giusto che ci si aspetti tanto. Quindi sono d’accordo: l’attaccante è il più giudicato”.

Le critiche e i commenti social: “Sì, vedo le critiche perché mi arrivano, sono umano e vedo i social, ma non mi toccano. Non mi rendono triste, né felice, né mi fanno ridere. Semplicemente continuo per la mia strada. Se hai chiaro il tuo obiettivo e la tua missione a lungo termine, quello che succede attorno a te non conta. Se sai che il cammino è già tracciato per diventare ciò che vuoi – ovviamente con lavoro, impegno e sacrifici -, allora il resto non ha importanza. Credo che lo stesso valga per uno come Vinicius, ad esempio. Lui riceve tante critiche, ma è focalizzato sul suo obiettivo. Oggi le persone non giudicano i comportamenti, ma in base alla squadra per cui tifano. Tutto l’odio verso Vinicius arriva dai tifosi del Barça, e tutto l’odio verso Lamine Yamal dai tifosi del Real Madrid”.

Lorenzo Focolari

Classe 1963, giornalista pubblicista dal 2018. Redattore per Cittaceleste.it, Juvenews.eu, Notiziecalciomercato.eu, Mondoudinese.it, Ilmilanista.it

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