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Milan, Ibrahimovic: “Mi piace lo scontro in campo, mi fa sentire vivo”

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Zlatan Ibrahimovic è intervenuto ai microfoni di Radio Deejay, dove ha parlato del suo nuovo libro “Adrenalina”, del Milan e del futuro. Sul libro appena pubblicato ha dichiarato: “Non ho raccontato tutto, ci sono ancora tante cose da dire”. Mentre sul suo atteggiamento in campo ha ammesso: “Non ci sono regole nel gioco. Provo sempre a essere me stesso. Non credo di fare apposta, il mio atteggiamento è naturale. In campo sono tranquillo, poi trovi il tuo modo di fare le cose. Sono fiducioso perché credo in me stesso“.

L’attaccante ha commentato la mancata qualificazione agli ottavi di Champions: Siamo delusi dall’uscita della Champions League. Mi dispiace tanto e ci dispiace tanto, ma lotteremo per vincere lo scudetto. Faremo di tutto per vincerlo e non molliamo. Nel fallimento esiste anche il successo, cresceremo e prenderemo esperienza“. Parla anche del suo rapporto con i difensori: “Oggi il rapporto con i difensori è tranquillo, prima era una bomba: non sapevo se perdevo la pazienza o ero tranquillo. Oggi è più tranquillo e so controllarmi. Oggi hanno molto più rispetto di me, mentre prima i difensori mi attaccavano e non avevano rispetto. C’è qualche difensore di vecchia generazione come Chiellini. Lo stimo e mi piace quando c’è un po’ di guerra, così mi sento vivo“.

Sugli arbitri: Se fossi un arbitro non fischierei tanto, perché mi piacciono i duelli. In Inghilterra lasciano giocare e non fischiano tanto, mi piace questo modo di arbitrare“. Sulla possibilità di andare al Napoli: “Ero in America e Mino mi diceva di tornare a giocare in Europa, in Italia. In quel momento ho guardato un documentario su Maradona, i tifosi erano una cosa incredibile. Avevo parlato con il Napoli e il giorno che dovevo firmare hanno mandato via Ancelotti. Mi aveva convinto, era tutto fatto. Avevo parlato tanto con lui e il giorno che è andato via mi sono sentito tanto insicuro. Poi è arrivato il Milan“.

Sul suo presente al Milan: “Ora sono molto concentrato. So cosa serve per caricarmi. Ho responsabilità davanti ai miei compagni. Loro mi guardano perché parlo in campo e nello spogliatoio. Si sentono protetti, ma devono prendersi le loro responsabilità e crescere. Leao si è convinto da solo a correre però, non è venuto da me. Non correva, ho provato ma non trovavo un contatto mentale con lui. Non riuscivo, ma nel precampionato è esploso e partito da solo“.

Sugli infortuni: “Avevo 35 anni quando mi sono rotto il ginocchio. E’ tutta una questione di mentalità. Quando era successo tutti mi davano per finito. Quando mi dicono queste cose è come mettere la benzina sul fuoco, mi sono messo degli obbiettivi. Volevo tornare forte ma non sapevo come sarebbe andata“. Conclude parlando della paura del futuro: “Il programma era andare a Napoli per 4 mesi, vincere lo scudetto e tornare in Svezia. Le cose invece sono andate bene al Milan e sentivo la voglia di giocare e ho deciso di prolungare il contratto. Non avevo parlato con mia moglie e sono andato sulla passione. Ho paura di ritirarmi“.

Redazione Il Milanista

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