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Italiano: “Portiere ruolo che conta. Avete visto il Milan con Maignan?”

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Vincenzo Italiano ha rilasciato una lunghissima intervista per la Repubblica, dove ha parlato anche del portiere rossonero. Vediamo le parole del tecnico della Fiorentina.

Sulla gavetta: Arzignano, Trapani, Spezia. 
“È indispensabile, la consiglio. Quando ti trovi con l’acqua alla gola è utile ricordare che in certe situazioni, forse anche peggiori, ci sei già stato e ne sei venuto fuori. Provare, sbagliare, aggiustare, rimediare, resistere. Serve averlo già fatto. E dimenticarsi di essere stato un giocatore. Devi azzerare tutto, non diventi allenatore se non pensi a livello collettivo, se ti concentri solo su te stesso. Me lo sono segnato tra gli sbagli: far fare agli altri quello che riusciva a te, imporre quello che avresti fatto tu, sostituirti a chi gioca. È l’errore che ha fatto Maradona da ct dell’Argentina”.

Dragowski contro l’Atalanta ha toccato 80 palloni. 
“Per me il portiere è un calciatore di movimento che sa e può usare anche le mani. Va coinvolto nel gioco. Deve parare, ma anche aggiungersi al centrocampo, essere un altro attaccante, l’uomo in più. Si è visto nel Milan come un lancio di Maignan ha favorito il gol di Leao. È finito il tempo in cui il portiere veniva avanti nell’ultimo minuto, in aiuto alla squadra che doveva recuperare, come soluzione disperata. Passare la palla indietro non è un’onta, né una rinuncia, è un modo per far ripartire il gioco con razionalità e con un’idea. Meglio che calciare in tribuna”.

La Fiorentina è la squadra con più espulsioni ed anche il suo Spezia lo era
“Ci tengo a dire che da allenatore non sono mai stato espulso. Non mi perdonerei mai di lasciare la mia squadra in difficoltà, io gesticolo, mi sgolo, ma resto lucido. Mia mamma mi ha sempre chiesto: perché gli altri a fine partita parlano normalmente e tu sei sempre stravolto e senza voce? Perché ho passione, perché in campo gioco anch’io. Quanto alla fallosità delle mie squadre non sono calcolate, ma se alleni per la salvezza, e devi stare dietro a ritmi più alti, a cui non sei abituato, se sei sempre oltre alla soglia delle tue forze, se vai all’arrembaggio, ci sta che per stanchezza, calcolo sbagliato, irruenza, fai fallo. Oltre a quello tattico e sistematico per portare a casa la partita”.

Cambia formazione ad ogni partita. Non crede nelle gerarchie? 
“Credo nel merito e nell’impegno, non nelle caste dei titolari. Bisogna che tutti i giocatori siano partecipi dei valori e degli investimenti della società. Io faccio capire ai miei giocatori, anche a quelli che sono riserve, che non li abbandono, che sono sempre nella mia testa, che tutti servono. Credo nei ricambi, in chi ha voglia e ha fame, in chi in allenamento dà prova di essere in forma. Non ho preclusioni, tutti devono essere stimolati, sentirsi arrivati non aiuta. Faccio eccezione sul portiere, dove una gerarchia c’è, anche se modificabile, in Coppa Italia ho sempre alternato Dragowski a Terracciano, appunto per farlo giocare”.

Non alternava Vlahovic.
“Come si fa con uno come lui che la butta sempre dentro?”.

 

Redazione Il Milanista

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