Gli avvocati del brasiliano, naturalmente, hanno presentato ricorso facendo forza sulla consensualità del rapporto. Un’ipotesi respinta dal Giudice a seguito delle chiamate in cui Robinho ha raccontato dello stupro al telefono: “Sto ridendo perché non mi interessa, la donna era ubriaca, non sa nemmeno cosa sia successo”. E come se non bastasse le registrazioni ambientali hanno confermato che il brasiliano e il suo amico si fossero messi d’accordo sulle dichiarazioni da fare agli inquirenti.
Nel 2017, quando il brasiliano era tornato al Santos, era arrivata la condanna, confermata in appello. E poco più di due settimane fa il brasiliano è stato condannato in via definita a nove anni.
Una sentenza che rende tutti felici se non fosse che i due colpevoli non possono essere estradati in Italia. La Costituzione brasiliana del 1988 infatti vieta l’estradizione dei brasiliani e, se non bastasse, il trattato di cooperazione giudiziaria in materia penale tra Brasile e Italia, firmato nel 1989 e tuttora in vigore, non prevede l’applicazione in territorio brasiliano di una condanna imposta dalla giustizia italiana. L’unica possibilità per portarli nelle patrie galere è quello di trovare i due all’estero. Ma affinché questo sia possibile lo Stato italiano deve emettere un mandato d’arresto internazionale che potrebbe essere eseguito, ad esempio, in qualsiasi Paese dell’Unione Europea.