Come nel caso di Theo – “A sinistra non c’è nessuno come lui”.
Anni fa magari sì: Serginho? – Sorride. “Siamo diversi. Lui ha le sue qualità e io le mie. Qualche idea in comune c’è, ma Theo ha tutt’altro stile: a me piaceva andare sul fondo e crossare, lui entra in area e tira. Si fa metri di campo palla al piede, a me piaceva essere lanciato da Andrea. In comune, però, abbiamo l’aggressività e l’indole offensiva”.
L’unica nota stonata sembra Kessié – “Deve pensare più alla carriera che ai soldi. Nel Milan è fondamentale, può guadagnare parecchio anche lì, ma alla fine il bene del club viene prima. Se un giocatore vuole andar via è inutile tenerlo”.
Come con Gigio e Calhanoglu – “Il Milan viene prima di tutto. Ai miei tempi eravamo una famiglia, con Galliani siamo rimasti amici. Oltre a una connessione estrema con il concetto di vittoria ci divertivamo. Ricordo che durante le trasferte, la sera, restavamo sempre io, Kakà, Cafu, Dida e gli altri a cantare ‘Aquarela do Brasil’ insieme a Galliani”.
A proposito di brasiliani. Oggi in rosa c’è solo Messias. – “Mi dispiace molto che da un paio d’anni non ci siano connazionali, a parte Junior e il mio amico Dida come preparatore dei portieri. Se pensi al Milan pensi al Brasile. Ai miei tempi i derby erano contro l’Inter degli argentini e questo ci caricava il doppio. È un peccato”.
Paquetà brilla a Lione: è stato ceduto troppo presto? – “In due anni non è riuscito a imporsi, ci può stare. Adattarsi al calcio italiano è difficile. È stato un problema suo, non del Milan”.
Il suo amico Sheva guiderà il Genoa – “Vale molto, può diventare un grande allenatore. E poi ha uno staff di talenti veri: Tassotti, Maldera, Valerio Fiori. Sono felice per lui, quando giocavamo gli ho fatto un milione di assist! Ne ricordo un paio con la Samp: con 5 passaggi arrivavamo in porta, che tempi”.
Magari l’assist lo farà a Maldini: pronto a proporgli qualche giocatore? – “Sorride. “Vediamo, tutto può succedere…”.
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