La qualità principale di Maldini capitano? “Dava l’esempio, giocava anche quando avevo dolori tremendi alle ginocchia. Soffriva, ma era lì, in campo, a lottare per la squadra. E quando vedi uno così è naturale seguirlo. Il capitano deve avere comportamenti ineccepibili, deve essere un punto di riferimento. Paolo lo è stato, e lo è anche adesso da dirigente”.
Javier Zanetti, invece, lo conosceva da tempo. “Siamo cresciuti insieme in Argentina, anche se non nella stessa squadra. Però le nazionali giovanili le abbiamo condivise. È stato un simbolo. Non è semplice, da straniero, diventare il capitano di una squadra italiana. Lui ci è riuscito grazie all’impegno e allo stile che ha sempre saputo trasmettere alla società e ai tifosi”.
Episodi particolari da raccontare? “Non uno solo, ma tanti. La cosa buffa è che quando si era nello spogliatoio e ci si arrabbiava, perché capita anche di arrabbiarsi, non lo facevamo in spagnolo, ma in italiano: avevamo cambiato pure la lingua… E poi “Pupi”, io lo chiamo sempre così, è stato il mio capitano anche in Nazionale e lì mi ha aiutato parecchio”.
Ha avuto momenti difficili con la Seleccion? “Difficile è dire poco. Appena non segnavo per un paio di partite, la critica si scatenava contro di me: ero il bersaglio preferito. Zanetti è sempre venuto vicino a me per sostenermi, per darmi un consiglio, per dirmi che la squadra era comunque dalla mia parte. Come deve fare un vero capitano, e come lui sta facendo anche da dirigente interista”.