Paolo Maldini si racconta a Sky, la lunga intervista nel giorno del suo compleanno

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MILANO – Nel giorno del suo compleanno, Paolo Maldini, ha parlato ai microfoni di Sky nell’ambito di una lunga intervista.

Sul legame con la città di Milano: “Ho preso due Ambrogini d’Oro, uno a livello di squadra e uno personale. Ho preso il premio della Regione. Sono nato e cresciuto qua, mi identifico nei valori dei lombardi e quindi sono milanese al 100%”.

 

Sull’eleganza nei contrasti: “Quelle sono cose naturali. Ho sempre avuto il controllo totale del mio corpo, quindi anche nel contrasto e nell’appoggiarmi all’avversario ho usato ogni parte del mio corpo per mantenermi in equilibrio e quella è sicuramente una dote naturale”.

Sul tipo di attaccanti che gli davano più problemi: “Quelli che ondeggiavano sul pallone quando ti puntavano, tipo Shevchenko. Quelli che invece si fermavano e ripartivano era il mio pane”.

Sulla chiave del Milan vincente di Sacchi e Capello: “La difesa a quattro italiana, credo sia stato il motore del Milan di Sacchi prima e Capello poi”.

Su van Basten: “Non stava benissimo, ma ha fatto la prima partitella con noi ed era uno spettacolo. Un giocatore con una classe immensa, un bomber cattivo. Alto come me, pesava come me ma aveva una classe diversa (ride, ndr). Quando parliamo, purtroppo parliamo sempre dei nostri dolori. Lui, tra l’altro, ha dovuto smettere all’apice della sua carriera, a 28 anni, quando era capocannoniere”.

Su Gullit: “Era un giocatore universale, ma spingeva la squadra ad essere più coraggioso. Lui è stato importantissimo da quel punto di vista”.

Sui punti di forza di Sacchi: “Due cose: la preparazione fisica incredibile e la conoscenza del gioco. La sua idea di calcio ci ha reso più ricchi calcisticamente. Come conciliare la mia individualità forte con un sistema collettivo come quello di Sacchi? Soffro, all’inizio, non solo io. Sbotto e dal momento che sbotto, credo, aggiungo qualcosa di mio alla collettività. E quella è la maniera per diventare più grandi”.

Sul non aver mai fatto l’allenatore: “Per scelta. Dico sempre che non ho mai detto quello che avrei fatto, perchè non lo sapevo, ma ero sicuro di ciò che non avrei mai fatto. E già non è male come inizio”.

Sulla vittoria contro il Barcellona nel ’94 senza Baresi e Costacurta: “Parliamo di Romario un secondo. L’ho incontrato contro il PSV e mi ha fatto un gol che mi ha fatto rimanere male perchè nessuno prima di allora mi aveva fatto un gesto tecnico così rapido. Tornando alla partita, ci davano per sfavoriti, ma quel gruppo era forte. Eravamo un pochino in calo. Ricordo che la partita prima andammo a Firenze e perdemmo 2-0 ed eravamo tutti preoccupati che Capello ci ammazzasse negli spogliatoi. Capello, invece, utilizzò un’altra tattica e ci disse che eravamo fortissimi ed in grande forma e che avremmo vinto la Coppa dei Campioni battendo il Barcellona. Bluffava, sulla condizione fisica”.

Sulla partita di Belgrado nella Coppa dei Campioni del 1988: “Contro una Stella Rossa fortissima. Quella partita ha fatto svoltare il Milan di Sacchi. E’ successo di tutto, dal gol dentro di un metro alla partita rinviata la sera prima. Se non l’avessero sospesa per nebbia il giorno prima non l’avremmo mai più ripresa (Savicevic aveva segnato l’1-0 la sera prima, ndr)”.

Su Liverpool-Milan a Istanbul: “Lo sapevano anche loro che è stato un miracolo. Quindi non dico che ci fosse un imbarazzo da parte dei giocatori del Liverpool, però…Tifosi Reds che cantavano all’intervallo? Quello è stato uno dei motivi per cui quella squadra non mollò”.

Sullo scontro con i tifosi del Milan dopo la finale di Istanbul: “Questo è lo sport. È proprio il succo dello sport: ti do anche l’anima, io posso anche morire in campo, però, una volta che lo faccio, non mi devi dire ‘Impegnati’ o ‘Sei uno… un poco di buono’. Il tifoso milanista che mi disse ‘Vergognati, devi chiedere scusa’? Sono andato davanti a questo tifoso. Come capitano non potevo accettarlo. Non potevo accettare che un ragazzino di 22 anni – io giocavo da 20 anni al Milan – dopo una partita del genere, mi dicesse qualcosa. Solo io sono andato a ‘parlare’, per modo di dire. Non ero solo, ma sono andato solo io. Mi sentivo toccato. Io ho avuto quei 7-8 secondi in cui ho reagito d’istinto. C’era anche la mia famiglia con me”.

Se ci sarebbero delle cose che avrebbe fatto in modo diverso: “Sì, soprattutto dal punto di vista comportamentale. A livello tecnico l’errore ci sta, nessuno può pensare di non sbagliare mai. A livello comportamentale, tante proteste nei confronti degli arbitri, soprattutto a inizio carriera, riguardandole ora non mi piacciono. Ed è quello su cui commentiamo con i miei figli. Certo, parliamo anche del gesto tecnico bello, ma quello che ho provato a fargli capire sin da piccoli era la maniera di comportarsi”.

Sulla presunta carica di proprietario del Miami FC: “No, mai stato. Mai stato, non mi sono mai trasferito là, ho solo aiutato… Certo, ho fatto delle foto. Diciamo che c’era un inizio di idea, ma non è andata avanti. Ho aiutato il proprietario a trovare un direttore sportivo e un allenatore, che poi era Alessandro Nesta, ma poi non ho proseguito con loro”.

Sui no prevalenti nella sua vita post calcistica: “La percezione è che sia prevalente. Parlando di post carriera le mie occasioni sono limitate. Nel calcio mi posso legare solo a Milan o Nazionale, per la carriera che ho avuto. Sono stato vicino al Milan di Barbara, avevo detto di sì, poi non se ne è fatto più nulla. Al Milan di Fassone ho detto di no. Vero. Quello è stato probabilmente l’unico no che ho detto. Alla Nazionale ho detto due volte di sì come Team Manager, o perlomeno: “Parliamone”, in occasione del mondiale in Brasile e prima dell’eventuale mondiale in Russia, ma poi non si sono fatti più sentire. Quindi non è proprio vero che il no sia prevalente. Certo che il no ha una parte importante. Non avendo la necessità di fare per forza qualcosa nel mondo del calcio…pur restando un appassionato di calcio. Mi piace tanto e io lo guardo”.

Se ha mai visto immagini di suo padre calciatore: “Sì, le uniche immagini che ho visto sono quelle della finale di Coppa dei Campioni del 1963. Mi ha colpito l’estetica, l’eleganza. Ho preso sicuramente da lui”.

Se ha mai preso una decisione al posto di un allenatore: “Sì, proprio con mio padre l’allenatore l’ho fatto…Mondiali del 1998 contro il Cile: Salas, Zamorano, due centravanti, Nesta e Cannavaro due marcatori. Tutti noi giocavamo a quattro in linea, mio papà credo volesse Nesta su Zamorano e Cannavaro su Salas. A un certo punto si continuavano a incrociare e Nesta e Cannavaro mi dicevano: “Ma Paolo, ma cosa facciamo?”. E io gli ho detto: “Ragazzi, aspettateli e giocate a zona!. Mio padre se ne accorse, anche perchè uno dei due fece gol e mio papà si arrabbiò: “Ma che c….” (ride, ndr). Allora mi son sentito in colpa io e gli ho spiegato che gliel’avevo detto io di farlo”.

 

Su Berlusconi: “E’ stato un grande imprenditore, un visionario. Su cosa ho pensato appena l’ho visto la prima volta? Ho pensato che fosse un po’ matto, però ha dimostrato con i fatti che c’era altro oltre alle parole. Ci ha veramente cambiato la mentalità. Anche la scelta di prendere Sacchi come allenatore è stata una mossa azzardata, ma dal suo punto di vista calcolata. Se lo sento? No, l’ho visto in occasione della scomparsa di mio papà”.

 

 

Redazione Il Milanista

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