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Morata: “Mai pentito del Milan! Mi sento con Allegri e sul futuro…”

L’attaccante spagnolo Alvaro Morata, attualmente in prestito dal Milan al Galatasaray, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni della Gazzetta dello Sport toccando diversi argomenti molto interessanti. Ecco di seguito le sue parole.

Sulla sua esperienza in rossonero: “Secondo me abbiamo fatto anche grandi partite, le cose non stavano andando così male come sembrava o si diceva. Poi però là dentro sono successe cose che non avevo mai vissuto in carriera e che preferisco tenere per me, non mi sentivo più a mio agio e prima di diventare un problema me ne sono andato. Qual era il problema? Non lo posso dire. I cambi repentini non sono mai facili. Se inizi a giocare con una mentalità e all’improvviso muti radicalmente ti può andare molto bene oppure no. Magari la nuova strada scelta a inizio stagione aveva bisogno di un po’ di tempo per essere battuta: hanno deciso di cambiare e non c’è molto da dire. Sì, anzi, una cosa c’è: non è vero che come ho letto in giro mi sarei pentito della scelta. Mai. È stato un onore vestire una maglia storica come quella del Milan. Se mi sono reso conto subito che col nuovo corso le cose non andavano? Sì. Soprattutto a livello di comunicazione. Io cerco di essere rispettoso con tutti ma ci sono certe cose che non mi vanno bene, e per evitare di creare problemi me ne sono andato”.

Sul futuro e l’arrivo al Milan di Tare a Allegri: “Se ho già parlato con loro del mio futuro? No, o almeno, non nelle nuove vesti. Perché Max lo sento spesso per il rapporto che ci lega. Tare l’ho visto un paio di volte a cena con amici ma niente di più. Sono contento per loro e per il Milan: sono grandissimi professionisti e se li hanno presi vuol dire che il Milan vuole tornare subito a vincere e a essere importante e spero che gli vada tutto alla grande. Di me però non so nulla.

Sul documentario su di lui che uscirà il 17 giugno e sulla depressione: Adesso sto bene e guardo al futuro con fiducia. Ho voluto fare questo documentario per rivolgermi alle persone, e sono tante, che hanno paura di affrontare queste situazioni, di parlarne, di aprirsi. La paura di essere visti in modo diverso spinge a non cercare aiuto. Io ho vissuto sul filo tutta la mia carriera, non sapevo cosa fosse la depressione fino a che non mi sono ritrovato nel buco più buio che una persona possa immaginare. Come mi sentivo? Stavo malissimo, e quando stai così non conta nulla: soldi, posizione, affetti, niente. È una situazione tremenda che ti porta a prendere decisioni nefaste a livello famigliare e calcistico. Adesso sto bene, ma il messaggio che voglio mandare è che una persona che è in crisi totale grazie all’aiuto di compagni, famigliari e specialisti si può ritrovare a giocare e a vincere un Europeo da capitano. Sono sicuro che questo documentario aiuterà tanta gente”.

Edoardo Benedetti

Laureato in marketing, giornalista pubblicista. Redattore per 5 siti web della GeoEditrice. Lo sport è la mia passione, il calcio una fede che mi piace raccontare con dovizia di particolari.

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