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Javi Martinez: “Pep il migliore, ma con Ancelotti mi sono stato benissimo”

Javi Martinez

In vista del match di questa sera tra Manchester City e Real Madrid la Gazzetta dello Sport ha intervista Javi Martinez

Redazione Il Milanista

In vista dell'andata di Manchester City - Real Madrid, semifinale di andata di Champions League, ai microfoni de La Gazzetta dello Sport è intervenuto Javi Martinez. Il centrocampista nelle sua avventura è stato allenato da Ancelotti e da Guardiola. Ecco le sue parole a la rosea.

Carlo e Pep. Da dove partiamo? - "Dal fatto che per me sono i due massimi rappresentanti delle loro generazioni di allenatori. Carlo "old skool", Pep dei nuovi. Dei colleghi di Ancelotti ormai non c’è più nessuno in attività. Guardiola invece è il migliore di questa grande generazione che comprende Luis Enrique, Tuchel, Pochettino, Klopp. Gente che ha cambiato radicalmente il calcio, e che continua a farlo. Tecnici molto diversi da Ancelotti".

Che però non molla - "È l’ultimo dei mohicani. Che Carlo oggi sia ancora lì a lottare per grandi traguardi e a competere contro questa nuova generazione di allenatori lo eleva nell’olimpo della storia del calcio, la cosa dice quanto è grande e come lavora bene".

E sembrava in calo. Bayern, Napoli, Everton, la parabola era discendente e invece… - "Sì, l’impressione poteva essere quella. Ma Carlo è una persona molto intelligente, conosce perfettamente il calcio, le rose delle squadre e il loro funzionamento. Detto questo il rendimento del suo Madrid è una sorpresa incredibile. Per prima cosa nessuno si aspettava che tornasse al Bernabeu. Quando ho sentito che si faceva il suo nome pensavo fosse una cosa della stampa, e invece ha firmato. E poi è arrivato lo sviluppo di una rosa che in tanti pensavano non sarebbe stata capace di competere in Europa, che aveva perso Ramos e Varane e prima ancora Cristiano Ronaldo, pezzi importanti. Erano in tanti a pensare che non potesse fare granché, e invece ha praticamente conquistato la Liga ed è in semifinale di Champions. E con un calcio notevole, spesso dando spettacolo. Con Carlo sono passati da un possibile fine ciclo a un favoloso riciclo".

Come li ha riattivati? - "Con l’intelligenza che lo distingue. Carlo sa cosa serve a ogni squadra. Quando è arrivato ha vistodi cosa aveva bisogno il Madrid e ha migliorato dove bisognava farlo. Ed eccolo lì. Quando mi chiedono chi è il miglior allenatore del mondo io dico sempre la stessa cosa: per conoscenza del calcio il migliore è Pep. Però per un giocatore è importante che un allenatore sappia tirar fuori il meglio da lui, e per quanto mi riguarda l’allenatore con cui mi sono sentito meglio è stato Carlo. Non solo calcisticamente, anche personalmente, nella quotidianità, nel rapporto con lui, cose che aiutano tanto un calciatore. Ecco, io penso che in questo Carlo sia il migliore di tutti".

Quanto conta suo figlio Davide per Carlo? - "Moltissimo. Il calcio cambia continuamente, il processo di evoluzione non si ferma mai, non solo dentro il campo ma anche fuori. I video, le analisi, tutto cambia rapidamente e senza sosta. Per gli allenatori meno giovani è più difficile adattarsi, un po’ come i nostri genitori con la tecnologia, non l’hanno vissuta da piccoli e faticano. Davide tanto dentro come fuori dal campo è il complemento ideale di Carlo, è quello che lo tiene dentro l’evoluzione del calcio e che l’aiuta a capire e stare al passo con cose che da solo farebbe più fatica a seguire. E poi Davide è un tipo incredibile, come il padre: preparato, serio, ottima persona. E a questo va aggiunta la relazione famigliare, che è importantissima: è difficile per Carlo trovare maggior complicità e appoggio".

Pep ha fatto il percorso inverso, andandosi a prendere un tipo più vecchio di lui, Juanma Lillo - "È vero, ma è solo una questione anagrafica. Pep ha bisogno di uno che veda il calcio esattamente come lui, e Juanma è matto come Pep in termini sportivi. Sono malati di calcio come Bielsa, gente che vive solo di e per quello".

Perché per lei Pep il migliore del mondo? - "Perché la sua forma di analizzare le partite è qualcosa di unico. A noi diceva: "Occhio a questo centrale, non esce per coprire, possiamo fargli male così e così, non legge bene i passaggi, creiamo spazio perché non se ne accorge". Andavamo in campo e succedeva esattamente ciò che ci aveva detto. Le analisi delle partite e dei rivali erano sinceramente incredibili. E se non te l’aveva detto prima, te lo diceva nell’intervallo. Queste cose aiutano tantissimo un calciatore. Pep ti facilita il compito, ti semplifica la partita, ti dà le chiavi della sfida, come se ti svelasse il trucco che sembra complicarla. Noi andavamo in campo sapendo perfettamente non solo come dovevamo giocare noi, ma anche cosa avrebbe fatto l’avversario. Un vantaggio notevole. Se a questo aggiungi la grande preparazione in tema di automatismi e di schemi di pressione, spiega perché una squadra di Guardiola diventi quasi impossibile da battere".

Con Carlo e Pep il rapporto fuori dal campo era diverso? - Sì, parecchio. Anche con Pep la relazione era stretta perché parlavamo la stessa lingua, però con Carlo s’instaura un rapporto diverso. È come un padre, si preoccupa tantissimo, è una persona talmente buona che si mostra così com’è. Pep è più rigido, e insiste di più con video e analisi. Ma va detto che alla fine in una squadra hai bisogno di certe regole e disciplina. Diciamo che con Pep c’era più controllo che con Carlo, niente di esagerato, ma si notava".

City-Real Madrid - "Sinceramente non so cosa può succedere e chi passerà. Il Madrid è il Madrid. Sembra morto e improvvisamente tira fuori la magia del Bernabeu o la magia di Benzema e ti "mata" in 10 minuti. Non so. Se dovessi scommettere per forza lo farei sul City, però con tantissimi dubbi, dico 55-45. E aggiungo che se me l’avessero chiesto in agosto avrei detto 70-30 City. Pep è ancora favorito perché ha tantissimi giocatori di qualità e una rosa molto ampia che in queste semifinali conta tanto, però per molto molto poco. Anche perché col Madrid non si sa mai, il suo vincolo con la Champions è incredibile".

E l’altra sfida? - "Il Liverpool di Klopp è fortissimo, eccezionale. La cosa più logica è che vada in finale, però era favorito anche il Bayern e guarda cosa è successo: una sfida incredibile col Villarreal che è passato con pieno merito".